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Il rimpianto di De Rossi: 'Due anni prima sarebbe stato perfetto'

di Claudio Ruggieri

Foto di Agente Fantacalcio

Pubblicato il 30/09/2022

L'ex centrocampista della Roma, oggi collaboratore di Roberto Mancini, è stato ospite del programma "Stasera c'è Cattelan" su Rai2, in cui ha parlato del suo attuale momento e anche di qualche rimpianto passato.

Anche lui era in lizza per la panchina del Benevento, i campani alla fine hanno deciso di puntare su un altro eroe del Mondiale 2006, ovvero Fabio Cannavaro. Per Daniele De Rossi ci sarà ancora da aspettare, per il momento si gode il ruolo di collaboratore tecnico del c.t. Roberto Mancini. Tuttavia il sogno è di poter iniziare ad allenare una squadra, come ha rivelato al programma "Stasera c'è Cattelan" su Rai2.

"Non so quando inizierò ad allenare, sembra che manchi sempre poco, poi a volte qualcosa sfuma. Ma se dovesse capitare qualcosa di interessante ho già lo staff pronto. Ho molta voglia di allenare. Sono andato in Nazionale per imparare da uno dei migliori allenatori, ad oggi manca solo un dettaglio, ovvero la squadra". 

De Rossi ha anche parlato del suo passato da giocatore, in particolare ha riavvolto il nastro dei ricordi riguardo la sua esperienza al Boca, in Argentina. Forse uno dei maggiori rimpianti: "Mi sono preso del tempo prima di decidere. Ho sempre detto che era un mio desiderio, sono sempre stato affascinato. Mi piaceva giocare fuori casa, non perché non mi piacesse giocare in casa, ma era come se avessi dovuto proteggere la mia squadra e la mia città. E rispettavo il Boca, poi quando vai lì scopri che sono ancora più matti. Un paio d’anni prima sarebbe stato perfetto. Col River ci siamo dati più botte che calci al pallone, i tifosi argentini avversari mi prendevano sempre di mira”.

La maglia del Boca vestita per pochi mesi, a 36 anni, quando ormai il meglio è già stato dato. Eppure quel periodo in Argentina è stato importante per De Rossi, ha sentito il calore dei tifosi sudamericani, simile a quello degli italiani: "Gli argentini sono molto simili agli italiani del Sud e ai romani, anche per origine. Sono calorosi, anche più di noi, gli stadi sono spesso attaccati ai giocatori e senti quello che dicono. Però di solito noi giocatori non sentiamo cosa dicono di preciso, capiamo se sono arrabbiati o felici, se ti vogliono bene o ti squarterebbero. E se stai facendo il riscaldamento al Franchi ad esempio sentivi tutto, anche le virgole”.

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