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Di Canio e l’energia dell’Old Firm: “Volevo menare Ian Ferguson negli spogliatoi”

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 07/09/2022

E’ la storia di una delle rivalità più accese del pianeta. Gli italiani che hanno vissuto in Scozia hanno raccontato cos’è realmente Celtic – Rangers. Di Canio è passato da lì per una sola stagione ed è stata sufficiente per entrare a capofitto nel tunnel delle emozioni. “Ero così concentrato che ci riscaldavamo a -5 gradi e non sentivo freddo...”

I derby sono un'iniezione di calore e folclore nel tessuto sociale delle città. Ci sono rivalità che vanno oltre e si mischiano con la politica e la religione, un senso di appartenenza totale a uno schieramento, piuttosto che a una semplice squadra di calcio. E’ un po’ la storia dell’Old Firm, il derby più antico del Mondo tra Celtic e Glasgow Rangers. In Scozia la vivono più o meno così, con la piena consapevolezza che quella partita valga una fetta di onore cittadino, seppur transitorio, fino al prossimo match. Tra i Rangers, storicamente i tifosi nati in Scozia di fede protestante e, il Celtic, immigrati o nati in Scozia di fede cattolica. Ecco perché c’è qualcosa che va oltre il pallone.

Nell’ultimo appuntamento dello scorso weekend, il Celtic ha dominato vincendo per 4-0 davanti ai propri tifosi. Dopo sei giornate sono in testa alla classifica con cinque punti di vantaggio sui Rangers. A Glasgow lo sanno che c’è sempre tempo per prendersi una rivincita in un campionato a dodici squadre, in cui tutti si incontrano almeno tre volte. Se poi aggiungiamo la coppa nazionale, allora l’appuntamento rischia di diventare una seria abitudine: arrivederci alla prossima, tanto arriva presto.

Sono diversi i calciatori italiani che hanno indossato una delle due maglie, riconoscendone il valore della rivalità. Tra le fila dei Rangers: Lorenzo Amoruso, Gennaro Gattuso, Marco Negri, Sergio Porrini, Luigi Riccio e Pippo Maniero. Con la casacca del Celtic: Enrico Annoni, Massimo Donati e Paolo Di Canio. E proprio quest’ultimo ha raccontato un aneddoto nelle ultime ore a FourFourTwo. Solo una stagione con la maglia biancoverde (1996-1997), nove complessivamente in Gran Bretagna con varie esperienza in Premier League.

"Ricordo gli Old Firm come partite dall'enorme valore emozionale. Ne avevo sentito parecchio parlare, ma non immaginavo come sarebbe stato davvero. La tensione, l'amore, le canzoni. Mi ha impressionato parecchio. Allo stadio si sentiva una rabbia positiva, che dovevamo mettere in campo in maniera intelligente. Da tifoso laziale, ero più sensibile di molti altri a partite del genere: le apprezzavo, le ammiravo e soprattutto ne capivo il significato. Ero così concentrato che ci riscaldavamo a -5 gradi e non sentivo freddo, nonostante fossi a maniche corte”.

Nell’ultimo Old Firm di quella stagione, Di Canio entrò in rotta di collisione con uno dei simboli della Glasgow Blu: Ian Ferguson. Un altro dal carattere incandescente che non ha mai fatto passare una mosca sotto il naso in maniera indisturbata. Insomma due tipi ostili e per nulla simpatici in campo. Sono arrivati a un passo dal menarsi, era quello che cercavano al termine della partita.

“Abbiamo perso 1-0 con gol di Brian Laudrup. Non ho segnato, ma ho preso la traversa. È stata una sconfitta pesante. Ian Ferguson mi ha provocato e io volevo vendicarmi. Lui era il tipico calciatore dei Rangers, quello tutta grinta. Io invece ero il calciatore di qualità del Celtic, ma con un bel caratterino. Ferguson aveva cominciato a infastidire altri calciatori, poi l'ha fatto con me. E da quel momento, non volevo fare altro che mettergli le mani addosso. Ho cercato di raggiungerlo fin dentro gli spogliatoi, ma era pieno di gente e ci hanno separati".

E’ l’energia dell’Old Firm, dove l’aspetto emozionale si mischia con adrenalina e furore agonistico. Campo, giocatori e tifosi in una bolla, divisi da due schieramenti che prescindono dal calcio e che vanno oltre i 90 minuti.

Mario Lorenzo Passiatore

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