Calcio Totale Racconta

Da killer a mostro: quella volta che Cavani schiantò il Dnipro

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 05/01/2022

Sono passati otto anni dalla notte del Matador, un attaccante totale che giocava con e per la squadra: punta, partner, leader, anima e mostro. Sì, quella notte diventò un mostro

I colori, il tifo e la passione per la proprio squadra c’entrano relativamente. Edi ha messo d’accordo tutti: compagni, avversari e allenatori. Edi da Salto, città a nord dell’Uruguay, ha lasciato tracce indelebili dalle parti del San Paolo. Una cattedrale che ha visto sfilare sotto il naso uno dei migliori di sempre, eppure senza indugio si è inchinata al talento di quell’altro sudamericano (non argentino), ma uruguaiano.

Ha fatto 104 in tre stagioni: è il codice dei gol realizzati, a meno undici da Diego. Tanti sono belli, pesanti e determinanti. Ma siamo convinti che neppure quel numero enorme a tre cifre renda giustizia alla sua grandezza. Cavani è stato il simbolo del riscatto partenopeo, dopo la ricostruzione messa in piedi dal presidente De Laurentiis. E’ stato l’anima di un popolo che è tornato a specchiarsi nelle gesta di un calciatore dopo più di un decennio. Uno dei pochi che al ritorno da avversario è stato accolto come un fratello maggiore, al quale gli si vuole bene sempre e a prescindere. Zero rancore, solo messaggi d’affetto e una speranza: “Torna con noi”. E’ il coro del 2018 in occasione di Napoli-Psg.

Cavani a Napoli è stato un killer democratico. Il matador non ha mai risparmiato nessuno con i suoi gol. Una notte, l’8 novembre 2012 diventò un mostro. Un mostro distruttivo per il Dnipro, travolto da quella faccia d’angelo, che si prese la scena incondizionatamente con quattro gol a referto.

Lo show cominciò al minuto 7 con Dzemaili che tagliò con l’esterno l’area di rigore e Cavani portò avanti gli azzurri, incrociando sul secondo palo. Gli ucraini prima la pareggiarono al 34’ con Fedetskyy per poi ribaltarla con Zozulya al 52’. Ma negli ultimi tredici minuti di gara salì in cattedra il Matador. Un’ira di Dio: al minuto 77 riagguantò il pari su calcio di punizione, poi su assist di Insigne confezionò il sorpasso. Nel finale il poker su pallonetto, l’ultimo gioiello di una notte memorabile. “Un mostro, è un mostro”, furono le prime parole di Riccardo Trevisani in telecronaca. Da killer a mostro in una notte, in un colpo solo ci regalò quasi tutto il repertorio. Con l’abbraccio finale della Curva B, che continuava a pronunciare il suo nome a fine gara. Otto anni dopo, da quelle parti non l’hanno mai dimenticato.

di Mario Lorenzo Passiatore

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