Calcio Totale Racconta

Klose: “Per me era sempre festa, adesso i giovani non vogliono lavorare. I miei genitori…”

di Mario Lorenzo Passiatore

Foto di Dal web

Pubblicato il 10/04/2024

L’ex bomber della Lazio ha parlato dell’evoluzione del calcio negli ultimi anni e di come è cambiato l’approccio dei giovani all’attività sportiva. “Nel settore giovanile oggi non festeggiano più nemmeno i gol, appena segnano tornano subito a centrocampo…”

E’ il miglior marcatore delle fasi nazionali dei mondiali, un professionista esemplare che abbiamo avuto il privilegio di avere in Italia per cinque anni con la maglia della Lazio. Miro Klose ha sempre avuto un feeling speciale con il gol: freddo e spietato negli ultimi sedici metri.

Da qualche anno ha intrapreso la carriera da allenatore e ha rivelato pubblicamente di voler allenare un giorno la Lazio. Nella testa c’è sempre Roma città, ovviamente sponda biancoceleste. In queste ore ha parlato nel corso della conferenza stampa di presentazione degli europei di calcio del 2024, a Villa Almone a Roma. Un discorso forte per i ragazzi e tutti i giovani calciatori che sembrano aver perso il fuoco della passione rispetto ai suoi tempi.

"La generazione 'zeta' è molto difficile. Non vogliono lavorare e vogliono guadagnare subito. Il calcio è cambiato, è cambiata la fisicità dei giocatori ma manca la voglia e il sacrificio dei giocatori giovani. Per me era sempre una festa giocare a calcio. Nel settore giovanile oggi non festeggiano più nemmeno i gol, appena segnano tornano subito a centrocampo. I miei genitori mi hanno sempre detto che prima dovevo finire la scuola. Poi fino a 20 anni ho fatto il carpentiere”.

L’esperienza della sua vita, un percorso segnato dal mondo del calcio sin dai primi passi. “La mia è stata una strada lunga - ha aggiunto - Noi andavamo a scuola fino all'una, ora invece i miei figli restano a scuola fino alle 17 e poi vanno ad allenarsi. Non hanno tempo per fare altro. Al Bayern Monaco quando ero allenatore U17, i giocatori avevano solo un giorno libero. Ecco perché dopo tre anni non hanno più voglia di giocare, non hanno più tempo libero". 

di Mario Lorenzo Passiatore

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