Serie C

Il ritorno di Kozak, il gigante ceco va all'Arezzo

di Emiliano Fraccica

Foto di QuiNewsArezzo/LazioNews24

Pubblicato il 09/08/2023

Ci siamo innamorati definitivamente di Libor Kozák un giovedì di marzo di dieci anni fa, quando da solo spazzò via lo Stoccarda con una tripletta, assicurando alla Lazio il passaggio ai quarti di Europa League. È per questo, ma anche perché fondamentalmente abbiamo sempre voluto bene al gigante ceco, che rivederlo in Italia, stavolta con la maglia dell’Arezzo in Serie C, fa piacere.

Partito dalla sua Repubblica Ceca, ha raggiunto i biancocelesti nel 2008 ma non riesce a incidere e così se ne va in prestito al Brescia per farsi le ossa. Quest’ultima esperienza si rivela positiva, e culmina con la promozione in A dei lombardi, poi Kozak ritorna nella capitale per guadagnarsi il posto alla Lazio (impresa difficile, a quei tempi, data la qualità che il reparto offensivo degli aquilotti poteva vantare tra Klose, Zarate, Keita e Rocchi). Lui però non si scompone e si guadagna il ruolo di jolly d’attacco, capace di entrare anche a partita in corso. L’Europa League della stagione 2012-13 rimane il punto più alto della sua carriera. Petkovic gli dà l’occasione, anche per far rifiatare i titolari, di mettersi in mostra nel torneo e Libor lo ripaga a suon di gol: doppietta al Mura nei preliminari, doppietta contro il Panathinaikos, gol contro il Maribor, doppietta nei sedicesimi contro il Borussia Monchengladbach e poi la serata dell’Olimpico e del suo hat trick. Chiuderà quell’Europa League da capocannoniere.

Dopo la Lazio il passaggio all’Aston Villa, in quello che poteva essere il suo grande salto, ma inizia il calvario: rottura di tibia e perone a gennaio 2014, un’operazione chirurgica sbagliata che gli farà saltare anche la stagione successiva. Ritorna ma poi c’è la frattura della caviglia. Dal 2017 in poi arrivano Bari, Livorno, Slovan Liberec, Sparta Praga e altre squadre che facciamo fatica a pronunciare. Ieri si concretizza il ritorno in Italia, all’Arezzo di mister Paolo Indiani. E non possiamo che fargli un grande in bocca al lupo.

di Emiliano Fraccica

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