Storie di Periferia

Dalla milza spappolata al gol di testa, Laghezza: “Ho rischiato di morire”

04/01/2022

di Mario Lorenzo Passiatore

E’ la storia straordinaria di un portiere che milita tra i dilettanti e che abbiamo deciso di raccontare nella nostra rubrica “Storie di periferia”. Un infortunio tremendo che poteva costargli la vita: “Sentivo un coltello al fianco, mi hanno ripreso per i capelli”

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Inseguire i sogni ha un costo e soprattutto dei rischi non sempre ponderati, specie per chi vive tra i pali e oltre a mettersi di traverso deve annusare le insidie in anticipo. Ci sono storie fuori categoria che profumano di rivincita, come quella di Antonio Laghezza, portiere nativo di Francavilla Fontana che ha girato in lungo e in largo i campionati di Serie D, Eccellenza e Promozione pugliese.

Lo abbiamo incontrato e abbracciato, perché la sua vicenda ha qualcosa di speciale per come si sono susseguiti gli eventi. Chi vive il mondo dei dilettanti conosce la linea della passione che fa a pugni con il binomio rischio-sacrificio. “E allora chi te lo fa fare?”

Accade che un giorno, il 30 aprile 2017, ti entra talmente nella testa che non te lo scordi mai più per tutta la vita. Quando vedi nero, ti spegni e pensi decisamente al peggio. La finale Play out del campionato di Eccellenza tra Novoli e Virtus Trani si protrae ai supplementari. Su una punizione laterale cambia la partita di Laghezza che rischia di lasciarci le penne per davvero.

“In seguito a un’uscita bassa, il difensore avversario mi ha travolto, spappolandomi completamente la milza. Facevo fatica a respirare, poi è sparito l’affanno e ho continuato a giocare fino alla fine. Sentivo una fitta costante, come se avessi un coltello conficcato nel fianco”.

L’adrenalina copriva in parte il dolore, mancava però troppo tempo per pensare di concludere la gara. Poco meno di mezz’ora al termine e quella voglia di chiudere un occhio e stringere i denti, non solo dal punto di vista metaforico: “Mi davo i morsi sulle mani per le fitte, provavo a non pensarci, ma nei momenti di solitudine del portiere il richiamo era fortissimo”.

Il Novoli si aggiudica la gara, comincia la festa. C’è anche Antonio che a fatica si stringe ai suoi compagni. Ma qualcosa non quadra, ad accorgersene è l’occhio vigile del fisioterapista: “Antonio, hai un brutto colorito. Come stai?” La risposta non convince l’uomo dello staff che accompagna subito Laghezza in ospedale, direzione “Vito Fazzi” di Lecce.

“Ricordo le parole della dottoressa subito dopo l’ecografia: ‘Va operato d’urgenza, c’è un’emorragia interna importante, ha perso troppo sangue. Dobbiamo attivarci subito”.

Milza asportata, il risveglio non è assolutamente dei migliori con i suoi familiari scossi dalla vicenda. Ancora sotto l’effetto dell’anestesia ha realizzato l’accaduto: “Ho rischiato di morire, mi hanno ripreso per i capelli, determinante l’intuito del fisioterapista. Non potevamo perdere altro tempo. Mia moglie era sotto shock, ha subito un bel trauma. Dopo l’operazione, ho rischiato di finire nuovamente sotto i ferri per colpa di un edema tra lo stomaco e la vescica. Fortunatamente non fu necessaria, grazie alle terapie”.

Eppure c’era il pensiero fisso di tornare in campo, nonostante a casa non fossero poi così contenti di quella ritrovata serenità. Non è più il momento di rischiare la vita per un rimborso ogni santa domenica. E invece il calcio sa regalare anche storie come queste. Laghezza abituato a volare tra i pali, poco più di un anno dopo torna in campo e si ritrova nell’area (avversaria).

“Fare gol per un portiere non è mai una cosa banale. Era una partita della Deghi Lecce, il mister non voleva che salissi, c’era il presidente Paglialunga però che mi invitava a farlo negli ultimi minuti. Sul seguente corner ho trovato il gol di testa. Solo chi ha vissuto con me tutto il trauma dell’infortunio sa bene cosa ho provato”.

Meglio di una favola: l’incidente, il pensiero di non farcela, il terrore della moglie Emma e poi il gol in un giorno davvero speciale. “Mia madre non era mai venuta allo stadio. Quel giorno era in tribuna, una gioia indescrivibile. I miei due gemellini, Cosimo e Pietro, erano piccoli ma ricordano l’episodio. Insieme a mia moglie sono la mia forza, la mia vita”.

Adesso continua a giocare con la maglia dell’Avetrana nel campionato di Promozione pugliese e spera un giorno di realizzare il suo sogno, quando non avrà più voglia di sporcarsi i guantoni sugli sterrati del tarantino. “Nei dilettanti oggi vedo meno spirito di sacrificio nei ragazzi. Spero di trasmetterlo più avanti, quando appenderò i guanti al chiodo vorrei fare qualcosa per i bambini”.

Buona vita, Antonio. Largo ai tuoi sogni.

Mario Lorenzo Passiatore

FOTO: GABRIELE FANELLI

di Mario Lorenzo Passiatore

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