“Il momento giusto” è il libro scritto da
Pippo Inzaghi insieme al giornalista de La Gazzetta dello Sport G.B Oliviero.
Ci sono tanti riferimenti alla sua carriera sportiva, con alcuni passaggi
davvero significativi. Il ritiro dal calcio giocato è stato un periodo non facile
da gestire dal punto di vista umano e professionale. In queste ore sono stati
pubblicati i primi stralci del suo rapporto poco sereno con Massimiliano
Allegri nel 2012. Super-Pippo ha scaricato gran parte delle responsabilità all’allenatore
livornese che decise di attuare una profonda rivoluzione interna, dettata anche
dall’aspetto anagrafico.
“Era stato
Allegri a chiudere la mia carriera da giocatore. Io e il Milan, infatti, nella
primavera del 2012 avevamo trovato un accordo per prolungare di un anno il mio
contratto. Io sarei stato un importante collante nello spogliatoio che
nel giro di poco tempo aveva perso Maldini, Pirlo, Nesta, Gattuso, Seedorf.
Elementi di spessore che avevano lasciato un vuoto profondo. Non avrei
accampato alcuna pretesa.
Galliani
era felice di aver trovato insieme a me questa soluzione. Allegri invece la bocciò, non mi voleva più nello spogliatoio e lo disse al dirigente
chiedendo che non mi fosse rinnovato il contratto. Per me fu una
mazzata". Si riferisce al termine della stagione 2011-12. Nel settembre
2012 i due vennero quasi alle mani al Vismara, quando Inzaghi allenava
gli Allievi del Milan. L'allenatore livornese saluta Inzaghi che
gli risponde: "Per me non esisti" scatenando la furia di Allegri che
lo insulta apertamente davanti a tutti i presenti al centro d'allenamento,
arrivando quasi allo scontro fisico".
Il ritiro e la crisi interiore
Inzaghi ha vissuto un
periodo difficile dettato dalla fine di una routine che l’aveva accompagnato
sin da giovanissimo. Nel libro affronta in maniera accurata la sua crisi
interiore, raccontando passo passo tutto il percorso.
"Nell’autunno del 2015 per la prima volta
il pallone era sgonfio: non rimbalzava più. E non riuscii ad
assorbire la lontananza dal mio mondo, dal profumo dell’erba, dalla sacralità dello
spogliatoio. Mi alzavo
al mattino e non sapevo come arrivare a sera. Andavo in palestra, ma senza entusiasmo, solo per far
trascorrere il tempo, riempire la giornata ed evitare che la noia e
lo sconforto prendessero il sopravvento. Il mio corpo mi mandava segnali
inequivocabili di malessere. Mi sono spaventato. Anzi, lo dico chiaramente e
senza vergogna: ho avuto
paura. Ho fatto quattro gastroscopie e altre analisi poco
piacevoli, viaggiavo sempre con un borsello pieno di cd con ecografie e
risonanze che mostravo a vari specialisti.
Ho temuto di avere
qualcosa di grave, perfino la Sla. Sono stati mesi di disagio e sofferenza, in cui
faticavo a trovare una via d’uscita. Qualcuno lo chiama male di vivere,
qualcuno in un altro modo, io ho preferito dribblare definizioni e diagnosi e
affrontare la realtà. Ho
capito qual era il problema e l’ho superato poco alla volta, circondandomi
dell’amore della famiglia. I miei genitori sono stati eccezionali: hanno
compreso ciò di cui avevo bisogno."
di
Mario Lorenzo Passiatore