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Fagioli: “Giocavo per noia, poi è diventata una malattia. Ai giovani consiglio di…”

di Mario Lorenzo Passiatore

Foto di Dal Web

Pubblicato il 24/02/2024

Il centrocampista bianconero è tornato a parlare del suo percorso riabilitativo e ha raccontato i momenti più difficili vissuti nel recente passato. “In quei casi diventa complesso gestire tutto da solo e a quel punto ho capito che dovevo chiedere aiuto…”

Il 19 maggio è una data importante per il centrocampista della Juventus,  è il giorno in cui terminerà la sua squalifica. Niccolò Fagioli non vede l’ora di rientrare a pieno regime per essere a disposizione di Max Allegri. In queste ore è tornato a parlare di scommesse al comune di Condove, davanti a una platea di giovani. E’ stato accompagnato dal dottore e da uno specialista che sta seguendo il suo percorso riabilitativo legato all’azzardo patologico.

“Non dico ancora di esserne già uscito – spiega Fagioli - sicuramente è stato un periodo molto difficile e il percorso non si conclude in cinque mesi. Sto facendo in modo di uscirne definitivamente. Cosa mi spingeva verso il gioco? Il principale motivo credo sia stato la noia”.

Le sue sensazioni in questo momento e un consiglio spassionati ai giovani: non cadere mai nella trappola del gioco. “Sto bene, son felice di essere qua: dico ai giovani di non cominciare neanche a scommettere e di coltivare i loro sogni. Un anno fa è stato il periodo più difficile perché avevo problemi causati dal gioco. In quei casi diventa complesso gestire tutto da solo e a quel punto ho capito che dovevo chiedere aiuto. Cosa mi spingeva a mettere tanto denaro nel gioco? Forse avevo tanto tempo libero, la noia mi portava a giocare. Penso sia stata questa la principale causa: è cominciata così, ma dopo tempo è diventata una malattia”. 

L’affetto della Juve, dei dirigenti e della società tutta per non averlo lasciato mai da solo durante il suo percorso riabilitativo. “Per un po’ di giorni ho chiuso i social, poi ho letto solo i messaggi positivi. Sapevo potesse esserci il rischio di perdere la Juve, ma in società tutti mi sono stati vicini dal primo giorno”. 

di Mario Lorenzo Passiatore

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