Calcio Estero

Stoichkov non rimpiange la panchina: "Ho scoperto presidenti che si accordavano"

13/09/2022

di Mario Lorenzo Passiatore

L’ex calciatore del Barcellona ha raccontato un aneddoto davvero particolare e riguarda una delle sue ultime esperienze da allenatore in Spagna. “Ho vissuto un paio di cose brutte che mi hanno toccato il cuore. Ho sempre lottato e vi dico che…”

Genio e follia, trascinatore della Bulgaria a Usa 94 sino alle semifinali, con annesso titolo di miglior marcatore del torneo. Da giocatore ha incantato la platea, a Barcellona lo ricordano bene il mancino di Hristo Stoichkov dal ’90 al ‘95 e poi in una seconda parentesi dal ’96 al ’98. Ha vinto il pallone d’Oro con la maglia blaugrana agli ordini di Joahn Cruijff. Nel mezzo l’esperienza al Parma di Nevio Scala e Gianfranco Zola, una storia d’amore tanto forte quanto effimera: sette gol tra campionato e coppa e un feeling mai sbocciato con il calcio italiano. Durò un anno prima di rifare la valigia e ripartire nuovamente per Barcellona.

Eppure il talento enorme di Hristo non è stato mai in discussione, anche perché di magie col mancino c’è un’infinita collezione in VHS. Dopo ha intrapreso con alterne fortune la carriera da allenatore e da qualche tempo si diletta come commentatore tv ai microfoni di Univision, un’emittente statunitense che trasmette in lingua spagnola. Stoichkov ha conservato la sua imprevedibilità che aveva nel rettangolo verde anche davanti ai microfoni, così ha raccontato la sua nuova vita ad AS ed è venuto fuori un aneddoto particolare di quando era al Celta Vigo. Un’esperienza non brillante sul piano dei risultati che si concluse con la retrocessione in seconda divisione.

“Me la passo bene, meglio di quando giocavo. È una cosa più tranquilla. E poi mi piace giudicare il calcio guardando le immagini, perché le immagini non mentono e posso parlare con le prove di quello che dico. Non sono un duro, dico solo le cose come stanno. La panchina non mi manca, ho vissuto un paio di cose brutte che mi hanno toccato il cuore. Ho sempre lottato, per il mio paese e per il Barcellona, ma sono venute fuori conversazioni di quando ero al Celta, di presidenti che si mettevano d’accordo su chi doveva vincere e chi invece avrebbe perso. E quindi ho pensato ‘ma andate tutti a quel paese”.

L’ultimo pensiero va a chi l’ha voluto fortemente e l’ha accolto con grande entusiasmo sin dal primo giorno. Barcellona ha rappresentato una seconda casa, la vera chance della vita che gli ha aperto le porte del successo. “Quello che mi ha dato il Barça è impossibile da spiegare ed è anche impossibile da restituire. Mi hanno preso dal mio paese e mi hanno portato via, dandomi tutto quello che ho. Sento questi colori e l’amore della gente. Non mi hanno mai lasciato solo”.

di Mario Lorenzo Passiatore

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