Quando
parla non è mai banale, raramente dà risposte da zero a zero. In un modo o nell’altro
si è sempre esposto a microfoni accesi. Cesare Prandelli ormai è lontano dai campi
da diversi anni e in occasione del premio “Etica e Sport” in provincia di Lucca,
è tornato a parlare a TMW.
La nazionale,
la scelta di Mancini di andare in Arabia, la nuova investitura di Spalletti, ma
soprattutto i giovani, spesso al centro dei grandi dibattiti nazionali. Come
seguirli, come lavorare negli anni per garantirli la crescita migliore e dove
intervenire per risolvere i problemi alla radice. Il riferimento ai genitori è
abbastanza chiaro.
"Ho lavorato
tanti anni con i giovani, ho iniziato così e ci ho pensato tanto prima di
cominciare la carriera con gli adulti. Il problema non è tanto cercare di
educare o far crescere i ragazzi, loro capiscono. Il problema sono i genitori,
ho avuto tante difficoltà, poi a distanza di anni mi hanno chiesto scusa. Mi
dicevano che non dovevo educare perché ero un allenatore, ma non è così. Quando
facevamo le selezioni era molto complicato. All'Atalanta c'era sinergia tra di
noi e io proposi di lasciare a casa e non far fare tornei a chi era in
difficoltà a scuola per recuperare. Dirlo ai ragazzi era semplice, ma le
telefonate dei genitori erano un problema. Bisognerebbe educare prima loro, poi
forse i ragazzi".
di
Mario Lorenzo Passiatore