Serie A

Zola e la stoccata a Sacchi: “Il dieci non esiste più, lui ha iniziato un processo di…”

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 04/09/2023

L’ex fantasista azzurro ha raccontato come è cambiato il modo di interpretare il numero dieci in Italia. Anche in virtù delle richieste tattiche degli allenatori, così ha analizzato il pre e post - Sacchi: “Con lui si è cominciato a dare molto meno spazio alla creatività e molto di più all’organizzazione. Prima tutte le squadre erano strutturate allo stesso modo…”

Fantasia al potere. C’era una volta il numero dieci in grado di svariare liberamente sul tutto il fronte offensivo, per creare gli spazi e trovare i tempi dell’ultima giocata. Quella decisiva, in grado di accendere la partita o persino di risolverla. Ogni squadra aveva il suo leader tecnico e carismatico, l’uomo a cui dare la palla ovunque e in qualsiasi momento.

 In queste ore, Gianfranco Zola che ha incarnato buona parte di quei valori, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera, dove ha provato ad analizzare l’evoluzione del numero dieci dall’arrivo di Sacchi in poi. Secondo l’ex fantasista azzurro, sono cambiate tante cose anche in virtù delle richieste degli allenatori che hanno disciplinato ogni momento della partita, limitandone l'estro.

"È un processo iniziato alla fine degli anni Novanta con Sacchi. Con lui si è cominciato a dare molto meno spazio alla creatività e molto di più all’organizzazione. Prima tutte le squadre erano strutturate allo stesso modo, con difese molto forti e marcatori capaci di annullare gli avversari. I due centrocampisti che recuperavano la palla la davano al numero dieci, o comunque al regista, che creava gioco, inventava l’assist per il bomber. Si lavorava molto per difendere, recuperare e impostare. Con Sacchi si è arrivati a una struttura più rigida, con i quattro centrocampisti, il 4-4-2, si faceva un grande pressing, tutti partecipavano alla manovra. Il fantasista doveva rientrare rigidamente in uno schema tattico predefinito. Non era come prima, quando il numero dieci era libero di andare dove voleva, seguire la palla, impostare la manovra".

Dalla teoria all’esempio, Zola ha riportato la sua esperienza e quella di Roberto Baggio. Entrambi hanno fatto fatica ad adattarsi alle richieste dell’ex tecnico della nazionale italiana. E Zola non ne fa certamente mistero.

"Io ci sono passato in mezzo, ero uno di quei giocatori che per inserirsi nel modello tattico di Sacchi doveva trovare un ruolo che però non era il mio: o facevo l’esterno di destra o di sinistra o la seconda punta. Anche Roberto Baggio si è trovato nella stessa condizione. Ora, ancora di più, tutti cercano di attaccare, di mantenere il possesso di palla, ma in un contesto tattico molto rigido e di conseguenza il numero dieci o diventa un sette, un undici o un finto nove. Il dieci non esiste più".

di Mario Lorenzo Passiatore

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