Calcio Totale Racconta

La mitraglia di Batigol e quel sogno scudetto col Trap

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 19/01/2022

Sono passati 22 anni dal gol di Batistuta contro la Juve. I viola erano lizza per lo scudetto, poi l’infortunio dell’argentino e la partenza di Edmundo al carnevale di Rio, affievolirono i sogni di un’intera città

Ha segnato e fatto sognare, ha trascinato e spinto la sua gente con il suo inconfondibile marchio di fabbrica: la mitraglia del Re Leone sotto la Fiesole, la sua curva. 22 anni fa come oggi mitragliava la Juve, una data che resterà nella storia. I viola poi dovranno aspettare 15 lunghi anni prima di ripetere l’impresa in casa. Ad aggiornare numeri e statistiche ci penserà Pepito Rossi, l’italo-americano che ribaltò il parziale da 0-2 al 4-2 finale, con una tripletta. 20 ottobre 2013, anche questa è storia. Ecco, prima di allora la testata del Bati, l’esultanza senza freni e l’abbraccio dei compagni.

Un viaggio amarcord che graffia il cuore degli appassionati, amanti di una serie A a 18 squadre. La stagione 1998-1999, l’anno del Venezia del Chino Recoba, che da gennaio in poi ha preso per mano la squadra accompagnandola a una salvezza insperata. Ma soprattutto, la Fiorentina campione d’Inverno: quella di Batistuta, Lulù Oliveira, Edmundo, Toldo, Rui Costa e Heinrich. Sospinta dal pragmatismo di Giovanni Trapattoni. Le sue urla da bordocampo erano un dolce sottofondo al commento tecnico della gara. Il Trap stava per farne un altro di miracolo prima di perdere Batistuta per infortunio e assecondare il folle desiderio di Edmundo: “Vi lascio, vado al carnevale di Rio”. Se ne andrà in aereo anche il sogno scudetto, cullato per un girone intero. Lo vincerà il Milan, davanti alla Lazio e alla Fiorentina del Trap, terza.

13 dicembre 1998, la notte di Batigol

Il gol di Batistuta viene quasi annunciato da Fulvio Collovati, un’affermazione profetica che si realizza una frazione di secondo dopo. “Il pallone d’oro lo darei a Zidane, ma se ne avessi un altro lo porterei a Batistuta”. Presente, decisamente sul pezzo. Neppure il tempo di finire di parlare: al minuto 58, cross di Lulù Oliveira dalla corsia mancina che scavalca il gigante Tudor, Batistuta fulmina Peruzzi di testa. Via di mitraglia sotto la Fiesole, la dedica è per la sua gente, per l’Artemio Franchi in delirio.

Si alza il coro “Bati-Bati-Bati-Batigol, Batigoooool”. Aumentano i decibel gradualmente, diventerà un’unica voce a sostegno dell’uomo simbolo, del capitano, del trascinatore. Le urla del Trap richiamano all’ordine i giocatori, quasi a volerla blindare con l’energia residua dalla panchina. “E allora, a questo punto, diamo il pallone d’oro a Batistuta”. Ribadirà orgogliosamente Collovati in telecronaca. Finirà 1 a 0 per la viola, niente da fare per la Juve di Zizou, Davids e Deschamps.

Firenze continuerà a sognare ancora per un po’, fino al 7 febbraio 1999. Giorno dell’infortunio di Batistuta durante Fiorentina-Milan. La storia di quella stagione cambia in quel preciso istante. Prima il silenzio del Franchi, poi il coro di incoraggiamento: “Bati-Bati-Bati-Batigol, Batigoooool”. E’ un invito a rialzarsi con le sue gambe, o forse la speranza di un’intera città. Uscirà in barella con le mani sul volto. Edmundo saluterà la compagnia per andare al carnevale di Rio. Resterà un sogno incompiuto, comunque bello e travolgente, proprio come le esultanze di Gabriel Omar Batistuta.

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