Bobo 50. Nel giorno
del compleanno di uno degli attaccanti più iconici del nostro calcio, si è
raccontato con pochi filtri al Corriere della Sera. Per tanti è stato Mister 90
miliardi, per il trasferimento record dalla Lazio all’Inter nel 1999.
Gol a grappoli,
carattere fumantino e una vita molto attiva al di fuori del rettangolo verde.
Non si è fatto mancare nulla nel corso della sua carriera, per tanti addetti ai
lavoro è stato uno dei migliori centravanti azzurri di sempre.
Partito dall’Australia,
è rientrato in Italia all’età di quattordici anni. I primi periodi non sono
stati semplici, oltre al fattore ambientale, per quello che la gente diceva di
lui. “Sì, perché al bar sentivo dire che
io giocavo a calcio per mio papà, che ero un raccomandato. Ero un bambino,
vivevo da solo coi nonni e sentivo l’invidia: mi sono dovuto fare forza,
difendermi. Anche con qualche “vaffa” dei miei”.
Un rapporto
sempre al limite con i giornalisti, non sono mancate le sfuriate in piena
attività agonistica. Più che mandare giù bocconi amari, preferiva cantarne
quattro pubblicamente. Adesso le cose sono cambiate grazie ai social che gli
hanno permesso di avere meno filtri e di rispondere direttamente dai suoi
canali social.
"Se stavi
dietro a tutto impazzivi. Io sapevo chi ero, come mi allenavo. Poi è normale
che se scrivi male di me e io ti vedo ti mando a quel paese: io sono fatto
così. I giornalisti di oggi? Il mondo è cambiato, ora li comando io: prima non
ti potevi proteggere, ora coi social puoi rispondere".
Perché
prima era più difficile giocare in area? Un calcio più fisico e con meno
tutele per gli attaccanti in aerea di rigore. Ora le cose sono cambiate grazie
al Var e al cambio delle regole. “All’epoca volavano i cazzotti in area, non
c’erano regole, non c’era la tecnologia di adesso. Era dura fare gol. Poi
Sacchi ha cambiato il calcio ed è cambiata anche la vita di noi attaccanti”.
di
Mario Lorenzo Passiatore