L’Italia cade con la Spagna nel secondo appuntamento
del girone. Decisivo l’autogol di Calafiori, ma a finire sotto processo è l’atteggiamento
degli azzurri e la netta superiorità delle furie rosse: 20 tiri a 4, 9 a 1
quelli nello specchio. Numeri e statistiche che certificano il momento e lo status di
Morata e soci.
Ma nulla è perduto, adesso bisognerà riordinare le
idee e presentarsi con la giusta concentrazione contro la Croazia. Dalle
colonne de La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha fatto la sua analisi del
match. Il giudizio sulla squadra di Spalletti è abbastanza netto, così come
quello sugli avversari: forti, solidi e organizzati.
"La fotografia della partita - spiega Sacchi - è presto fatta: c’era un
collettivo organizzato contro un gruppo di giocatori che vagava per il campo.
La differenza tra la Spagna e l’Italia, per quello che si è visto ieri sera, è
enorme. La nazionale di De la Fuente pratica un calcio di dominio, ha
conoscenze tecniche e tattiche, sa come muoversi e, soprattutto, lo fa con i
giusti sincronismi. L’Italia, purtroppo, non è ancora squadra: ci vuole tempo,
ci vuole pazienza. Da questa sconfitta dovremmo imparare parecchie cose e mi
auguro che cercheremo di far tesoro degli errori commessi senza farci prendere
dalla solita presunzione”.
Poi un pensiero al commissario tecnico Spalletti e una critica
all’intero movimento, come spesso accade subito dopo una sconfitta. “Spalletti non ha colpe. È un ct che lavora
da meno di un anno, ha ereditato una situazione complicata e sta cercando di
dare uno stile a un Paese che non lo ha mai avuto. La Serie A non lo aiuta: la
maggior parte delle squadre pratica un calcio vecchio, poco in linea con i
principi europei, i giocatori faticano a emergere per la massiccia presenza
degli stranieri. Lavorare in queste condizioni è un problema serio, di cui si
deve tener conto quando si dà un giudizio sulla Nazionale".
di
Mario Lorenzo Passiatore