Storie di vita oltre il calcio. Il fratello di
Mihajlovic, Drazen, ha svelato al Telegraph in queste ore una serie di
aneddoti su Sinisa. Dall’infanzia al periodo adolescenziale, fino agli esordi
nel grande calcio. Nel mezzo il rapporto col padre e i momenti bui della
guerra. Una storia che non sempre veniva trasferita in maniera integrale al
giovane Miha per non farlo preoccupare durante le sue trasferte in giro per
l’Europa. Tanti fotogrammi messi in fila da Drazen che fanno venire la pelle
d’oca.
"L'infanzia è stata spensierata e felice finché non abbiamo
preso coscienza dei sacrifici fatti dai nostri genitori. Papà scambiava le
scarpe che gli regalavano in azienda con quelle da calcio per Sinisa. In casa
dividevamo tutto a metà e probabilmente è stato quel tipo di educazione a trasformarlo
in un atleta di successo prima e in un grande uomo poi. Il giovane Sinisa era
molto indisciplinato, spesso arrivava alle mani con ragazzi anche più grandi di
lui. Ricordo poi il ricatto della Dinamo Zagabria: se non firmava con loro, non
lo avrebbero convocato al Mondiale giovanile in Cile con la Jugoslavia. Non
accettò e rimase a casa, i compagni vinsero e lui mentre festeggiavano era in
lacrime".
La parentesi sulla guerra è il passo più duro che
segna in maniera inequivocabile anche la sua autobiografia. "Una volta era in Spagna e telefonò
perché aveva letto di spari a Borovo (la sua città natale, ndr) e ne sentì
anche durante la chiamata. Mamma gli disse che era la tv, non voleva
preoccuparlo. Quando è tornato a casa, non ha più trovato ciò che conosceva e
riconosceva. C'erano bambini di dieci anni che imbracciavano fucili,
un'immagine che gli è rimasta nella testa per tanto tempo". La guerra ha
rischiato di dividere la famiglia: "Durante la finale di Bari (la Coppa
dei Campioni 1991 vinta dalla Stella Rossa, ndr) un vicino di casa ha visto
qualcuno che camminava nel cortile di casa nostra, riconoscendo nostro cugino.
Avrebbe dovuto lanciare una bomba a mano, non lo fece perché suo
fratello (lo zio dei fratelli Mihajlovic, fratello di loro padre) era lì,
venuto a vedere la partita della Stella Rossa. Pensate che Sinisa gli ha
salvato la vita una volta che Arkan (soprannome di Zeljko Raznatovic,
guerrigliero, ndr) ha catturato lui e un altro paio di persone. Quando hanno
capito che era lo zio di Mihajlovic della Stella Rossa, lo hanno cercato e lui
ha parlato con Arkan. Lo hanno riportato a Belgrado".
di
Mario Lorenzo Passiatore