Serie A

Chivu senza filtri: “A Roma vomitavo dopo le partite. Con lo psicologo…”

07/11/2024

di Mario Lorenzo Passiatore

Foto: Dal web

L’ex calciatore giallorosso ha confessato le sue debolezze e il lungo trascorso nella capitale che gli causò non pochi problemi psicologici. “In quel periodo andavo dallo psicologo, a fine partita vomitavo per lo stress e per l’ansia, non riuscivo a uscirne…”

Quattro anni alla Roma, sette all’Inter. Fu Fabio Capello a volere fortemente Cristian Chivu nella stagione 2003-2004. Prelevato dall’Ajax per 18 milioni di euro, si rivelò un acquisto di valore in grado di elevare il tasso tecnico dell’intera difesa. Capello ci provò anche per il giovanissimo Ibra ma non riuscì a portarlo nella capitale, se lo ritrovò più avanti quando approdò alla Juve nel 2004-2005.

Storie di mercato, di intrecci di vita e di trasferimenti che avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi. Chivu è molto legato a Roma e alla Roma, ma ci sono delle cicatrici ben radicate che hanno segnato in maniera importante il suo trascorso con la maglia giallorossa. I fischi, la paura di sbagliare, l’aiuto dello psicologo e il timore di finire in un loop senza fine. Si è raccontato con pochi filtri a “Cronache di spogliatoio”.

"Mi ero creato una corazza – spiega Chivu - ero io contro di me, contro il mondo. La sfida è sempre stata quella di cercare soluzioni nonostante le difficoltà, senza mai chiedere aiuto. Poi ho avuto bisogno di aiuto perché da solo non riuscivo a uscire da quella situazione, a quel punto ho chiesto aiuto a uno psicologo. C’era stata una situazione a Roma che mi ha fatto barcollare, un po’ per l’ingiustizia che io sapevo che mi era stata fatta”.

Un’intervista travisata e appesantita da un titolo troppo forzato che creò molteplici problemi gestionali al calciatore. "I problemi nascono in seguito a un’intervista fatta dopo che Capello era andato alla Juve. Mi chiedono se mi sarebbe piaciuto lavorare nel futuro con lui che mi aveva portato in Italia, io dissi che era un grande allenatore e che mi avrebbe fatto piacere. Il titolo il giorno dopo fu ‘Chivu vuole la Juve’. Andavo in campo ed ero fischiato da 80mila persone. Mi lussai un alluce a Genova contro la Samp, ero fermo con le stampelle. Si giocava l’ultima prima della sosta natalizia contro il Chievo.

Spalletti mi chiese se potevo giocare perché non aveva più difensori, gli dissi che per lui l’avrei fatto ma che avevo bisogno di infiltrazioni. E lì venni fischiato, ho pianto per l’ingiustizia. Poi in quel periodo facemmo undici vittorie di fila culminate col derby, a quel punto poi hanno dimenticato tutto. Ma io in quel periodo andavo dallo psicologo, a fine partita vomitavo per lo stress e per l’ansia, non riuscivo a uscirne e ho chiesto aiuto".

di Mario Lorenzo Passiatore

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