Calcio Estero

Il modello belga: dal disastro del 2000 al top

di Lorenzo Di Lauro

Foto di Pixabay

Pubblicato il 30/03/2022

Dopo l’Europeo del 2000 è cominciata la rinascita del calcio belga dopo anni di profonda crisi: così con un modello copiato da moltissime nazioni (tra cui la Norvegia), i diavoli rossi negli ultimi anni hanno costruito una nazionale di livello. 

I bambini vogliono giocare a modo loro, non come adulti. Gli si chiede di giocare 11 contro 11, ma non ne sono capaci. Quindi vengono predisposte tante partitine uno contro uno e con il portiere. Come in strada. Con campi vicini. Due tempi di tre minuti: chi vince va a destra, chi perde a sinistra. Così prima o poi tutti trovano avversari del proprio livello e si divertono ancora di più. Partite a 11 solo dall’Under 14. L’allenatore osserva e guida, ma non dice mai “fai questo”. Così si coltivano calciatori creativi. Sempre contro degli avversari, mai nei “famigerati” 11 contro 0. Perché il calcio è uno sport in cui vanno prese decisioni, e il giovane calciatore deve imparare a prendere in autonomia quelle decisioni."

Con queste parole Kris Van Der Haegen, direttore del settore calcio della federazione belga, ha indicato quella che è la concezione in Belgio del ruolo dei giovani. Ed è stato il cambio di passo decisivo che ha permesso la nascita della generazione d’oro, una nazionale che pur non vincendo ancora nessun titolo, prima con Wilmots, poi con Martinez, si è guadagnata l’appellativo di Diavoli Rossi, nonché il primo posto nel Ranking Fifa. Dopo la mancata qualificazione all’Europeo del 2000 è arrivata una vera e propria rivoluzione: niente classifiche fino agli under 14, chi perde affronta chi perde, chi vince affronta chi vince. Queste scelte hanno permesso ai giocatori di evitare di scoraggiarsi dopo la sconfitta e hanno alimentato la loro fame calcistica. In questo modo si è fortificata la forza di volontà del giocatore e il Belgio negli ultimi anni ha sfornato grandi giocatori come Courtois, Witsel, De Bruyne, Hazard, Mertens e Lukaku. Per ora è mancata la vittoria all’Europeo e al Mondiale, ma nonostante il ricambio generazionale la formazione allenata da Martinez si mostra ancora molto attenta nella selezione dei talenti, soprattutto dal centrocampo in su.

Questo modello è stato adottato da tante nazionali alle prese con il ricambio generazionale, come Germania, Francia e Spagna, ma non è mai stato preso in considerazione in Italia, e questo appare evidente anche a livello di club. Se l’Anderlecht investe il 10% del proprio fatturato nel settore giovanile, in Italia i club più importanti arrivano ad un risicato 2%. Negli ultimi anni facciamo fatica a trovare i talenti cresciuti nelle primavere di Inter, Juventus e Milan e poi divenuti giocatori di livello europeo e/o mondiale. In prospettiva non appaiono giocatori che possano fare il futuro della nazionale e a livello di club, ed è questo l’aspetto più preoccupante. È intanto ieri il Belgio ha fatto giocare il giovanissimo Verschaeren

di Lorenzo Di Lauro

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