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Esclusiva Calcio Totale, Maniero: “Col pallone ci andavo a letto. Avevo il poster di Van Basten"

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 08/01/2022

L’ex attaccante del Venezia si è raccontato in esclusiva ai microfoni di Calcio Totale. Il Chino Recoba, Zamparini, l’approdo al Milan e quella scommessa con Ennio Dal Bianco che gli costò un orologio 

Gli inizi alla Legnarese, tra sacrifici e speranze di un bambino comune che si approcciava al mondo del calcio. “A tre anni ci andavo a letto col pallone”. A Padova e Venezia ha lasciato il cuore, al Parma e al Milan ha realizzato i sogni di una vita. Pippo Maniero da Legnaro, il classico bomber con la valigia, in grado di giocare in 15 squadre diverse nell’arco di una carriera.

In fondo alla Laguna in un modo o nell’altro ci pensava sempre lui. Nell’album dei ricordi c’è la stagione ’98-99, quando la squadra di Novellino si risollevò dalle sabbie mobili della zona rossa. Un girone di ritorno incredibile che portò il Venezia poco sotto il piazzamento Intertoto, trascinati dal tandem Recoba-Maniero. “Mi dispiace aver giocato così poco con lui. E’ arrivato a gennaio, abbiamo fatto cinque mesi insieme. E’ stato il compagno di reparto con cui mi sono trovato meglio. Sembrava che giocassimo insieme da 20 anni, c’era un feeling naturale. Eravamo partiti malissimo, poi è arrivato lui e abbiamo fatto una rimonta folle nel girone di ritorno”.

54 gol in quattro stagioni: a Venezia ha trovato la sua dimensione, il suo habitat naturale per esprimere tutto il potenziale. Dopo Padova, è diventata la sua seconda casa, il posto che lo ha reso realmente protagonista. “Sono stati gli anni più belli della mia carriera dal punto di vista realizzativo e mentale. Dai 28 ai 32 anni sei nel pieno della maturità agonistica e ti senti al top, sia fisicamente che di testa. Su quattro anni abbiamo fatto 3 di serie A e uno in B”.

Ha conosciuto da vicino il vulcanico Maurizio Zamparini, presidente “mangia-allenatori” già sul finire degli anni ’90. “Lui alzava i toni con i giornalisti, dirigenti o allenatori. Con noi giocatori è sempre stato una grande persona. Semplice, diretto e preciso: non ha mai saltato una mensilità. Chiunque vorrebbe avere un presidente come lui”.

Il Milan, la Champions e quella Nazionale (mancata)

Approda ai rossoneri dopo l’esperienza al Parma di Carlo Ancelotti. E’ il sogno di una vita per Pippo, da sempre tifoso del Milan accetta al volo la chiamata, conscio delle difficoltà di mettersi in mostra. In fondo, chi direbbe di no alla squadra del cuore? “La ciliegina sulla torta. Avevo in stanza i poster di Gullit e Van Basten. E’ stata una gioia enorme allenarmi con gente come Maldini, Costacurta, Albertini, Savicevic, Boban e Weah”.

Maniero non ha rimpianti, ha fatto tutto quello che le sue qualità gli permettevano di fare. Resta solo un piccolo rammarico per non aver indossato una maglia, quella di colore azzurro. “Sono contento di aver fatto questa carriera. Arrivare a giocare in serie A, esordire in Champions col Parma, la Nazionale under 21. Mi sarebbe piaciuto indossare per una volta la maglia della Nazionale maggiore. L’anno dei 18 gol a Venezia ci speravo. Negli ultimi anni è più semplice arrivarci. C’è gente che va con poche presenze nei club. Quando giocavo io non capitava, dovevi fare bene due o tre anni per meritarti la Nazionale. Non è una cosa che si regala”.

Non sono mancati i momenti di sconforto, i periodi bui e le riflessioni, ma l’attaccante veneto ha sempre pensato all’obiettivo finale. Arrivare in A. “Non mi è mai passato per la testa di mollare, nemmeno nei momenti più duri. A 20 anni mi sono rotto il crociato ed ero Padova. Ho saltato un anno tra terapie e allenamenti individuali. La passione e l’amore per questo sport mi ha spinto a non mollare”.

La storia sportiva di Pippo Maniero inizia a e finisce a Padova, teatro della gara d’addio allo stadio Euganeo. Ha voluto ricordare la sua esperienza con un aneddoto curioso, insieme a un ex compagno di squadra. “L’anno della Serie A ho fatto una scommessa con Ennio Dal Bianco che era il nostro secondo portiere. Mi disse: ‘Se a fine stagione fai più gol dei tuoi compagni, ci scambiamo gli orologi’. Accettai, solo che il mio orologio valeva molto di più del suo. Alla fine ho vinto la scommessa e ho perso l’orologio”.

di Mario Lorenzo Passiatore

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