Sono tanti
gli insegnamenti che ha seminato per strada durante il suo percorso contro
la malattia. Ha lasciato tracce importanti anche nel suo libro, rileggerlo oggi
mette i brividi per come è riuscito a raccontare sensazioni, umori, emozioni
che viveva giorno dopo giorno dal primo ricovero in ospedale.
Da quando ha
scoperto la malattia al primo ciclo di chemio, ha affrontato la vita con grande
forza mentale, senza mai dimenticare quel grande senso del dovere che l’ha sempre
contraddistinto. Le call con la squadra dal letto dell’ospedale, le risate su
Skype con la staff, le indicazioni allo spogliatoio sempre con enorme ironia.
Ha trasmesso un senso di responsabilità contagioso.
Ci sono dei
passaggi nel libro che sono forti, come quando lasciò per la prima volta l’ospedale.
“Ora sono a casa e mi godo ogni momento.
Prima non lo facevo, davo tutto per scontato. Conta la salute, contano gli
affetti. Nient’altro. La malattia mi ha reso un uomo migliore".
Compaiono diversi aneddoti all'interno della sua autobiografia, c'è soprattutto la
storia di un certo Cgikjltfr
Drnovsk, 69enne senza fissa dimora. Un uomo sconosciuto, inventato dai
medici, che sostituiva il più celebre Sinisa Mihajlovic. "Al Sant’Orsola mi avevano dato questa falsa identità, per non
attirare curiosi che disturbassero altri malati. Dopo
i primi due cicli di chemio, dimostravo altro che 69 anni. Trovavo ironico quel
senza fissa dimora affibbiato a me, che in ogni stadio ero accolto dal coro di
zingaro di me**a".
di
Mario Lorenzo Passiatore