Vedi Napoli
e poi sogni. Il posto dove cielo e mare si incontrano come sacro e profano si
mischiano nella vita di tutti i giorni. Religione e scaramanzia, la linea di
confine è talmente sottile che diventa spesso la stessa cosa e si confonde con
le abitudini della città. Scene ordinarie vedere l’icona di un santo vicino a
un talismano portafortuna, quasi a voler dar forza all’idea, al concetto, al desiderio.
Quando Diego
ha messo piede a Napoli ha sconvolto il 90% del tessuto sociale, mai così unito
e coeso dall’amore incondizionato per il suo nuovo re. Uno sguardo al cielo e
una mano in tasca, ognuno prova a fare il suo per quel personaggio a tratti
mistico, non solo per le emozioni che ha saputo regalare in campo. Anche per la forza con cui ha saputo distogliere
la mente dai problemi, quelli veri. Sono tanti gli sportivi che hanno vissuto
la scaramanzia come un vero manuale da seguire in maniere cervellotica, quasi
asfissiante. Dall’outfit, agli indumenti intimi, fino ai colori e ai lacci
delle scarpe.
C’è chi lo
dice e chi mente, perché il fatto di entrare nel loro mondo è già una
violazione del codice della fortuna. Il rischio di renderlo pubblico è che poi
potrebbe sortire l’effetto contrario o perdere quell’energia magnetica in grado
di soffiare dal verso giusto.
Tra Napoli e Nazionale, tutti gli
step antisfiga
Il primo
frame di Maradona è sotto il tunnel del San Paolo in prossimità degli scalini,
dove amava sfiorare le immagini sacre presente sulle pareti: le ultime
raccomandazioni prima di entrare in campo per fare sul serio. Il cielo e le
entità divine chiamate a schierarsi verso una fazione piuttosto che un’altra,
per supportare le gesta del campione. Le icone furono rimosse e poi aggiunte
nuovamente su sollecitazione dei tifosi all’interno dello stadio, un momento
del genere non poteva essere cancellato da due colpi di pennello.
L’ingresso
in campo prima con il sinistro, ovviamente gli scarpini rigorosamente
slacciati. Una carezza sul prato con il piede forte e poi spedito verso
Carmando, il massaggiatore che veniva omaggiato ogni domenica con il bacio in
fronte. Se non porta fortuna, almeno che scacci la sfiga. Per chi ci crede, un
modo per spazzare l’energia negativa.
Pensate che
da allenatore al Mondiale del 2010 con la sua Argentina, riuscì a superarsi. La
kermesse internazionale durò fino ai quarti di finale, ma dopo la prima vittoria
della competizione cercò di ripetere pedissequamente tutto quello che aveva
fatto nel pre-partita.
Se va bene
non si cambia, allora ingresso sul terreno di gioco con saltello, foto di rito
con un delegato dell’Argentina e intervista con i due giornalisti fidati. La
sequenza proseguiva con una doppia chiamata alle figlie Dalma e Giannina. Prima
di ogni gara chiedeva una copia della prima pagina del quotidiano che celebrava
la seconda vittoria consecutiva dell’Argentina.
Quasi a
voler chiedere aiuto alla storia, vuoi che prima o poi non possa ripetersi?
L’ultimo saluto ai tifosi con baci sparsi in tribuna, in realtà sceglieva il
capo comunicazione della nazionale a chi donare tanto affetto. Si torna giù
pronti per entrare in campo con la squadra, con l’immancabile rosario in
panchina stretto tra le mani. Adesso sì, ogni procedura è stata eseguita,
pronti a vivere la partita con l’energia giusta e il vento divino.
di
Mario Lorenzo Passiatore