Super-Pippo,
una sentenza. Da calciatore ha vissuto una carriera intera tra le maglie dei
difensori e il filo del fuorigioco. L’incubo di ogni marcatore che spesso
vedeva sgusciarlo via da qualche pertugio. Nel pomeriggio è stato ospite al “Festival
dello Sport” a Trento, l’evento organizzato da La Gazzetta.
Ha parlato della sua vita da calciatore, gli
inizi, le prime emozioni, i primi gol. Si è ricollegato a quanto sta accadendo oggi nel
calcio italiano con i casi Fagioli, Tonali e Zaniolo, al centro delle presunte
scommesse sulle quali sta indagando in queste ore la procura.
“Sono cresciuto
con dei valori grazie alla mia famiglia, con Simone abbiamo vissuto un’infanzia
bellissima. Sono molto triste di quello che sta accadendo nel calcio italiano
adesso. Ho pensato che personalmente prima di arrivare in alto ho dovuto fare
tanta gavetta. Ma quella vera. Non guadagnavo quasi niente ed invece ai giovani
di oggi dopo cinque partite bene vengono offerti contratti e ingaggi assurdi
che non sanno nemmeno gestire. A Leffe vivevo in una stanza con tre compagni,
andavamo al campo con una macchina e dividevamo le spese e non giocavo nemmeno
nei primi quattro mesi. Ma non ho mai mollato, ci ho sempre creduto. E non
erano sacrifici perché in fondo si giocava a calcio. I sacrifici sono altri.
Prima di arrivare al top ho dovuto sgomitare tantissimo”.
Poi le
porte del grande calcio con le esperienze con le maglie di Juve e Milan, quei
sogni alimentati grazie ai gol realizzati in garage e giù in mansarda. Con
pochi, pochissimi apprezzamenti da parte del padre.
“Prima la
Juventus e dopo il Milan, un sogno che avevo da bambino e che si è avverato. Io
ho fatto di tutto per alimentare e provare a realizzare il mio sogno. Il primo
gol fatto in Europa fu una roba bellissima, aver raggiunto e battuto il record
di Gerd Müller una cosa stupenda. Segnai con il Real Madrid partendo dalla
panchina e avevo con me due maglie celebrative. I miei compagni mi presero per
pazzo ma poi ho avuto ragione io. Mio fratello Simone è più bravo di me in
tutto ma già dai tempi in cui giocavamo a calcio in mansarda, a casa, e il
camino era la nostra porta immaginaria. Mio padre ci diceva sempre di smetterla
ma noi continuavamo sempre. Un’altra porta bellissima era il garage di casa
dove giocavamo con un altro nostro amico che crossava e noi tiravamo al volo.
Adesso sfido tutti a trovare un ragazzo che gioca sotto casa con un garage. Il
mio obiettivo ora è far avvicinare i miei figli allo sport qualunque esso sia.
Perché aggrega, insegna valori e regole”.
di
Mario Lorenzo Passiatore