Milan, Inter e Barcellona, il curriculum è di quelli pesanti. Gli infortuni
hanno giocato un ruolo determinante nella sua carriera, costringendolo al
ritiro a soli 30 anni. In queste ore è stato intervistato da AS, il noto
quotidiano sportivo spagnolo ha riportato una serie di aneddoti del Coco calciatore.
Gli inizi con la primavera del Milan e gli approcci con Fabio
Capello in prima squadra. L’Impatto non fu certamente dei migliori, con il
sergente di ferro in panchina c’era poco da scherzare. Le prime volte poi non
si scordano mai specie se lasciano il segno.
"Ricordo uno dei miei primi allenamenti al Milan. Quando
avevo 15 anni Capello mi mandò ad allenare con la prima squadra. A fine
seduta ha preparato una partita da titolare contro i sostituti e i
giovani. In una giocata, ho effettuato un contrasto che ha fatto volare
l'attaccante e Capello ha iniziato a fischiare e gridare: ‘Coco, che ca**o
fai?’
Ero piccolo, mi mandò direttamente sotto la doccia. Avevamo un rapporto di
amore-odio. Un giorno mi prese da parte e mi disse direttamente negli
occhi: ‘Se diventi professionista mi taglio un testicolo’. Ma un anno dopo è
stato lui a scommettere su di me e a rendermi professionista".
Non è mai
stato un esempio di professionalità, ad ammetterlo è proprio lui, ma ha anche
confidato di aver sfoderato prestazioni degne di note nonostante non avesse
riposato abbastanza durante la notte. Gli svaghi e la passioni extra-campo
erano tanti, forse troppi.
"Ci sono state così
tante partite in cui ho giocato e non ho dormito la notte prima. Nel match
contro il Barcellona in Champions League nel 2000, due giorni prima, sono
uscito fino alle sette del mattino e sono semplicemente tornato a casa, ho
preso lo zaino e mi sono lavato i denti prima di partire per la Spagna. Ero
ancora ubriaco. Eppure, ho giocato una delle partite più belle della mia
carriera. Ci sono stati molti momenti del genere. Ma d’altro canto ho
sempre rispettato i miei compagni e il mio ruolo. Semplicemente non ero un
grande professionista, perché tante volte mi dicevo: 'dai che adesso mi
diverto".
di
Mario Lorenzo Passiatore