Il Milan volta pagina e in chiusura di 2024 cambia
allenatore e staff per provare a raddrizzare una stagione carica di alti e
bassi. Hanno fatto discutere le modalità dell’esonero di Fonseca, è stato lo
stesso tecnico portoghese mentre lasciava il parcheggio di San Siro ad
annunciare il suo addio. Non proprio il massimo dal punto di vista
comunicativo per un club come il Milan. Da un portoghese a un altro, con caratteristiche
decisamente diverse, sarà Sergio Conceicao l’uomo della ripartenza nel 2025. L’ex
Porto si è presentato ufficialmente ai media nel corso della conferenza stampa
mattutina.
"Sono orgoglioso – spiega Conceicao. E’ un piacere per
me venire a lavorare in una squadra così importante. Per me è un piacere, un
orgoglio, un passo in avanti nella mia carriera e di quella del mio staff. I tifosi
sono l'anima del club. Senza di loro è difficile vivere e crescere, e noi
dobbiamo rispettare questi valori ed in questo senso lavorare e dimostrarci
essere all'altezza del Milan. Se sono qua non è un buon segno, significa che
qualcosa non è andata bene. Non c'è tanto tempo per lavorare sulla partita
contro la Juventus. Non ci lamentiamo, non cerchiamo scuse".
Sul tavolo tanti problemi da risolvere e diversi
impegni ravvicinati nel mese di gennaio, a partire dalla Supercoppa Italiana
con la Juve, esordio col botto proprio contro suo figlio Francisco che sta ben figurando con la maglia bianconera.
"Non c'è il problema di una cosa, ci sono tante cose che
non funzionano. Altri preferiscono parlare di tattica, altri di problemi
fisici, altri mentali. Paulo ha avuto bellissimi periodi qua, altri non tanto,
ma questo fa parte del mestiere dell'allenatore. Noi cerchiamo sempre la
perfezione, ma non è possibile. GIochiamo contro avversari di qualità, sia in
Italia che in Champions League, ma noi siamo preparati per questo. Ma non
voglio entrare nei dettagli”.
Il nuovo approccio di Conceicao e messaggi chiari all'ambiente Milan. “Cambiare
adesso è difficile. Sono allenatore da 13 anni, non ho cominciato ieri. Loro
sanno che hanno davanti qualcuno diretto. Ci saranno sempre 11 più contenti,
chi va in panchina un po' meno. Ma questa è la gestione del gruppo,
comunicazione diretta, allenamento al massimo. Possono anche essere un po' più
tristi perché non giocano, ma questo deve dare forza, come la pressione, che fa
parte dei grandi club. Allora siamo fiduciosi di fare un buon lavoro, ma le
parole restano parole, i risultati contano".
di
Mario Lorenzo Passiatore