Il suo
Milan fatica, alterna buone prestazioni a partite meno produttive dal punto di
vista dei numeri. Il nuovo ruolo da dirigente è stato messo in
discussione diverse volte dai media per i toni e i modi con cui si interfaccia con la stampa.
Non si vede tanto in tv, ma quando lo fa c’è sempre una nota polemica.
Zlatan si
sente ancora un po’ calciatore e, forse ancora lo è nel modo di interagire, da
assoluta prima donna. L’ego del personaggio dovrà prima o poi far posto al “Noi”
dirigenziale. Ibra, a proposito del suo futuro, ha rilasciato una lunga
intervista a "Sports Illustrated". Ad oggi l’unica cosa certa è
l’intenzione di non voler intraprendere la carriera da allenatore.
“Se continuo a
non vedermi come allenatore? Attualmente sì. Non voglio fare l’allenatore
perché è troppo lavoro per me. Devi coprire tante aree, trovare idee e
soluzioni, preparare e seguire le partite e allenare. Lavori giorno e notte. Un
anno da allenatore mi sembrerebbe dieci anni. Quindi la cosa non mi attira”.
Poi ha
parlato della trasformazione dell’intero movimento negli anni e del trend di
alcuni allenatori di voler catechizzare a tutti i costi i calciatori,
soffocando buona parte del talento. C’è forse un riferimento implicito al suo
passato al Barcellona e al rapporto burrascoso con Pep Guardiola.
"Molti
allenatori hanno una filosofia e uno stile di gioco, e poi il singolo giocatore
diventa insignificante perché tutti sono costretti ad adottare una tattica o un
sistema come una sola parte. Certo, la filosofia di un allenatore è importante
e serve per gestire la squadra. Ma credo che il singolo giocatore sia la cosa
più importante nella squadra. Perché va in campo e fa la differenza. E in
generale non credo che il calcio diventi noioso. Piuttosto, sento che continua
a crescere. Devi semplicemente essere intelligente e non chiuderti ai nuovi
sviluppi".
di
Mario Lorenzo Passiatore