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Ha
fatto una valanga di gol in Italia con le maglie di Napoli, Juve e Milan. Non è
stato da meno dalle parti di Madrid, quando il dubbio del weekend era se
scegliere il Pipita o Karim “The Dream” Benzema. Imbarazzi che tutti gli
allenatori vorrebbero avere almeno una volta nella loro carriera.
Ormai
da due stagioni e mezzo è in America con la maglia dell’Inter Miami, dove la
pressione è nella norma e il calcio è meno stressante rispetto ai principali
campionati europei. Dopo i primi mesi ha dovuto rimboccarsi le maniche e andare
oltre il compitino, riconoscendone il valore tecnico del campionato. “Pensavo fosse un torneo meno competitivo,
invece è cresciuto tanto negli ultimi anni con i giocatori che vengono
dall’Europa”.
Adesso
sta bene mentalmente, nell’ultimo periodo tra Italia e Inghilterra (con la
parentesi al Chelsea) aveva spesso lamentato una sorta di malessere psicologico.
Ha trascorso una parte del lockdown in Argentina per stare vicino alla madre,
scomparsa poi un anno fa a 64 anni dopo una lunga malattia.
Sentiva
la necessità di abbandonare certe pressioni e dedicarsi più a sé stesso. E’
tornato a parlarne a Primer Impacto, per un notiziario sudamericano. Il calcio
visto non solo dalla prospettiva del campo, ma anche tutto quello che c’è
dietro.
“Nel calcio non è tutto oro quello che
luccica. La gente non ha idea di cosa significhi essere un calciatore. Pensano
che giochiamo solo a calcio e basta. Ma abbiamo anche famiglie, abbiamo
problemi, come tutti. Alla fine della mia carriera da giocatore, sarò lontano
dal calcio, molto lontano. Mi godrò il calcio mentre gioco, ma poi non voglio
che sia nemmeno vicino alla mia vita. Il calcio è un campo molto sporco".
Sul futuro sembra proprio non
avere dubbi: non avrà altri ruoli inerenti al panorama sportivo. Vivrà lontano
da qualsiasi pressione.
“Questo
non è il mondo in cui voglio essere. Un giocatore in pensione è come una
bottiglia vuota usa e getta. Prima ti hanno bevuto, ti hanno svuotato, poi ti
hanno calpestato e poi ti hanno buttato fuori completamente. Non esisti più,
nessuno ti chiama nemmeno”.
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di
Mario Lorenzo Passiatore