Calcio Totale Racconta

Perché la Juve si è buttata via prima della penalizzazione. Allegri tra meriti e tante responsabilità

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 30/05/2023

Prima della sosta mondiale la Juve chiude con un gap enorme dal Napoli ed è già tagliata fuori da campionato e Champions a novembre. Quello che accade dopo con le penalizzazioni è storia nota. Tutti i pro e i contro della gestione tecnica, dal campo alla comunicazione con i media

La gente ha capito il momento, anche più di chi sta provando ad apporre nuove giustificazioni post. Il tifoso ha messo in lista tutte le difficoltà, ma con ragionevolezza ha tracciato anche una linea profonda. La Juve da agosto a novembre aveva già messo in fila 7 sconfitte stagionali: 5 in Champions e 2 in campionato. Fuori dalla grande Europa con soli tre punti con il Maccabi, non era mai successo nella storia bianconera.

Prima della sosta Mondiale, la fotografia della Serie A era la seguente: Napoli in testa con 41 punti, Juve a 10 lunghezze dalla capolista, è qui che i bianconeri buttano via metà stagione e ne compromettono l’altra. In questa fase non c’erano sentori di eventuali penalizzazioni. Indagini in corso sì, ma non ancora certezza sui tempi. I bianconeri sono tagliati fuori dalla corsa al titolo e dalla Champions, non per fattori esterni ma per responsabilità strettamente di campo. Le dimissioni in blocco del CDA arrivano il 28 novembre 2022, in pieno Mondiale e a campionato fermo.

I meriti e le responsabilità di Allegri
Se non si fanno le opportune valutazioni, dividendo la stagione in due tronconi (pre e post Mondiale), il rischio è quello di raccontare la vicenda in maniera frammentaria, poco chiara e addirittura non veritiera. I meriti dell’Allegri 2.0 partono da gennaio, quando la squadra non ha più un management vero, è in balia delle carte giudiziarie e arrivano le prime sanzioni che interessano la classifica.

Allora sì, il lavoro diventa triplo e tanto gravoso perché è tutto nelle mani della gestione tecnica. La gente ha capito il momento e le difficoltà di tenere su squadra, spogliatoio, umori e conferenze pre e post, senza un referente vero in dirigenza. Da solo.

Sono diciassette le sconfitte della Juve in tutta la stagione, il valore numerico è forte, pur incastrando i bianconeri al terzo posto (non considerando i dieci punti sottratti e restando meramente al campo). Sul rettangolo verde, oltre al dato, nell’analisi vengono fuori le modalità: come la Juve è arrivata. Tra infortuni e tante defezioni che ne hanno caratterizzato la stagione, la squadra negli ultimi due anni non ha mai avuto un’identità precisa sul piano del gioco.

 Non è mai cambiata l’interpretazione delle partite o la chiave tattica. Attesa, baricentro basso e ripartenza. Qui le responsabilità delle gestione tecnica sono evidenti, nell’incapacità di dare un’alternativa all'unica proposta di gioco. Per i più distratti, da agosto a novembre e, ancora prima l’anno precedente, c’era tutto il tempo di sperimentare e testare con grande serenità, senza l’interferenza di fattori esterni. Non si è visto mai nulla di diverso in campo.

La comunicazione con i media e i calciatori
Poi c’è il cortocircuito comunicativo con una parte dello spogliatoio. Non possono passare sottotraccia le parole di Bonucci, Danilo, Rabiot e Szczesny. In momenti diversi hanno spesso dichiarato l’opposto del loro allenatore. “Dobbiamo giocare meglio la palla, bisogna fare di più, dobbiamo gestire meglio il possesso, Chiesa in quella posizione è difficile che possa aiutarci e far salire la squadra. Alla Juve due anni così, senza trofei, sono un fallimento”. Sono tutte lucine rosse che vengono dall’interno del gruppo a microfoni accesi, una sorta di pensiero a voce alta, condiviso e lasciato tra un post partita e l’altro.

Allegri l’ha presa come un'invasione di campo dei suoi uomini e allora: “E’ un momento in cui dobbiamo stare zitti tutti”, oppure “Szczesny non si esprime bene in italiano”. Il richiamo all’ordine fa intuire un malessere interno e di campo. Perché nel marasma generale, a certe parole non è stato dato il giusto peso. Ma ci si accorge che alla Juve non si è mai vista la versione migliore di se stessa.

Non è in discussione il valore dell’allenatore che ha vinto e rivinto più volte, ma concedeteci il beneficio del dubbio in questo momento storico. Non è forse la figura adatta oggi, per ridare un’anima in campo nella fase di ricostruzione di un progetto. Nella gestione ha dimostrato grandi doti, adesso la Juve ha bisogno di una nuova ripartenza e di ristrutturarsi dal punto di vista dirigenziale e tecnico.

di Mario Lorenzo Passiatore

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