Calcio Totale Racconta

“Ti volevo fare una sorpresa, Mister”, alla fine è stato un brutto scherzo

di Mario Lorenzo Passiatore

Pubblicato il 17/12/2022

Solo pochi giorni fa l’incontro con Zeman, sorpreso e commosso di rivederlo in piedi alla presentazione del suo libro. Una forza d’animo infinita e una lucidità fuori dal comune per il modo in cui riusciva a relazionarsi con i medici

“La vita di ogni uomo finisce nello stesso modo. Sono i particolari del modo in cui è vissuto e in cui è morto che differenziano un uomo da un altro”. E’ una citazione di Ernest Hemingway, oggi ci piace partire da qui, da un fotogramma, da un sorriso, da un momento, dall’ultimo: l’abbraccio con Zeman durante la presentazione del suo libro. La platea applaude, il boemo lo guarda commosso, Miha gli sussurra: “Ti volevo fare una sorpresa, mister”. Quell’omone con gli occhiali e il cappellino ride di gusto. Ce l'ha fatta.

L’ultima apparizione pubblica qualche giorno fa, in piedi, perché è così che è voluto andare via, con la forza dei grandi. Lo hanno detto anche i medici, mai visto uno così forte, empatico, trascinatore e intelligente nel sapersi affidare totalmente ai sanitari. Osservava tanto, capiva tutto dagli sguardi dei medici. “In una frase c'è il 20% del contenuto e il restante 80% è nel comportamento, nel linguaggio del corpo”.

Sono le sue parole a una sanitaria durante la terapia. Insomma, se le cose vanno male me ne accorgo da come vi muovete, non provate a prendermi per fesso. Un osservatore nato che non sapeva darsi pace, lui voleva trovare la strada per ripartire. Di fatto non ha mai accettato l’esonero del Bologna, quella panchina rappresentava l’ossigeno quotidiano per tenersi in moto. Non accettava di stare fermo in attesa di sistemare le cose, altrimenti il tempo non scorre e i pensieri stagnano.

Di Sinisa conta il percorso, la strada, la via verso il tramonto. Perché il tramonto in sé per Hemingway è sempre uguale, ma non il cammino che ne ha segnato l’esistenza. Quello è differente, è fatto di sentieri tortuosi segnati dalle bombe della guerra dell’ex Jugoslavia. Chi aveva vissuto insieme si sparava: “Ho vissuto tre vite diverse”, dirà poi nel suo libro. La guerra, il dramma familiare, la malattia. In mezzo il calcio e gli allenamenti, un talento enorme riconosciuto da tutti, ancora prima del suo mancino. Raro e introvabile.

I passaggi sulla malattia all'interno della sua biografia sono forti, lasciano il segno. È uno dei libri che bisogna trovare il coraggio di finire perché ti fa entrare nel suo mondo con due piedi. Percepisci i sintomi sulla pelle, il formicolio alle gambe, i dolori sul corpo, i rumori di quello che accade intorno a lui. A casa, in ospedale, ovunque. Ha avuto la forza di raccontare una parte del suo calvario con enorme lucidità, senza perdere di vista la famiglia, il lavoro e la sua squadra.

Sempre in piedi fino all’ultimo fotogramma pubblico con Zeman: “Mister, ti volevo fare una sorpresa”. E tu ci hai fatto un brutto scherzo qualche giorno dopo. Andiamo Sinisa, noi ti aspettiamo per la prossima lezione di vita.

di Mario Lorenzo Passiatore

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