Serie A

Banda, la nuova freccia del Lecce: “Ho perso mamma e papà, a 15 anni lavoravo nei cantieri”

di Mario Lorenzo Passiatore

Foto di Wikimedia Commons

Pubblicato il 16/09/2022

Una storia segnata da una serie di lutti che hanno condizionato la vita del ragazzo. Poi la chiamata di Corvino, il sogno serie A e la possibilità di mostrare a tutti il suo talento. Ha rilasciato un’interessante intervista a La Gazzetta dello Sport: “Eravamo molto poveri, mi svegliavo alle 5, poi alle 16 correvo per fare allenamento”

Tra le note più liete di questo avvio di stagione del Lecce in Serie A, c’è sicuramente Lameck Banda, il primo calciatore zambiano del massimo campionato italiano scovato da Pantaleo Corvino. Il dirigente giallorosso, abile a fare scouting in ogni angolo del mondo, ha portato in Salento un giovane promettente del 2001 dal Maccabi Petah Tiqwa, squadra del campionato israeliano.

Il ragazzo ha esordito nella prima gara con l’Inter e ha messo subito in mostra le sue qualità nell’uno contro uno: esterno veloce e abile nel dribbling, si è subito adattato agli schemi di mister Baroni. Banda ha avuto un trascorso non semplice, una vita segnata dalla povertà e da una valigia carica di sogni pronta per essere imbarcata.

“Non me la cavavo male, però a 15 anni ho mollato. Eravamo molto poveri, così ho cominciato a lavorare con mio zio nei cantieri. Ci svegliavamo alle 5 e alle 6 eravamo sul posto. Finivamo alle 16 poi correvo agli allenamenti. A 18 anni ho salutato famiglia e amici, ho scoperto un clima e una cultura sconosciuti. Ho tenuto duro per provare a regalare un futuro migliore alla mia famiglia. Ne è valsa la pena”.

La nuova esperienza da calciatore ha permesso a Lameck di regalare una vita più agiata ai suoi familiari. Una serie di lutti hanno colpito direttamente il ragazzo in maniera drammatica, così con i primi stipendi ha messo al sicuro la sua famiglia. “Ho comprato casa a mia nonna, che si è presa cura delle mie sorelle e di me. Ho perso mio padre quando avevo 4 anni, mentre mia madre era malata ed è morta quando ne avevo 17. Era tifosa dello United: sono cresciuto guardando i Red Devils e i video di Robinho, il mio idolo”.

Un ragazzo genuino che ha conosciuto sin da piccolo il peso delle responsabilità. Continuerà a macinare chilometri in Salento con un sogno enorme nel cassetto: approdare un giorno in un top club. “Ho una croce sulla spalla e il nome di mia madre sul braccio. A mia nonna non piacciono i tatuaggi, ha detto che se ne faccio altri me le suona. Ora penso a fare una grande stagione col Lecce. Tra qualche anno magari riuscirò ad arrivare in Champions. Trionfare in Europa sarebbe pazzesco”. L'intervista integrale è su La Gazzetta dello Sport.

di Mario Lorenzo Passiatore

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