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Pasculli: 'Maradona? C'è un aneddoto prima della finale. Che duelli con Vierchowod...' ESCLUSIVA

di Lorenzo Di Lauro

Foto di Wikimedia Commons

Pubblicato il 20/05/2022

Calcio Totale ha incontrato l’ex attaccante argentino di origini italiane Pedro Pablo Pasculli, pilastro del Lecce degli anni ’80, nonché Campione del Mondo con l’Argentina nel 1986. È stata l’occasione per confrontarsi su più temi, e svelare aneddoti preziosi.

Pedro Pablo Pasculli, l'ex attaccante del Lecce che ha avuto la fortuna di vincere il Mondiale con Diego Armando Maradona nel 1986. Intervistato in esclusiva da Calcio Totale, ha rivelato aneddoti importanti sul Pibe de Oro. 

Partiamo dalla sua esperienza al Lecce, città che ha segnato per sempre la sua vita. Ci Racconti quali sono stati i suoi ricordi più indelebili e quali sono stati i compagni con cui ha legato di più.

Ne avrei tantissimi di ricordi, ma il bello è stato giocare per uno stadio e dei tifosi fantastici, in una Serie A che era sicuramente il campionato più competitivo di tutti in quegli anni. Ho stretto un forte legame con Juan Barbas, mio connazionale con cui ho condiviso anche la nazionale. In generale ho avuto uno splendido rapporto con tutti: ad oggi conservo ancora ottimi rapporti con Aleinikov e Marco Baroni, che oggi è tornato a guidare il Lecce.

Quale era il suo rapporto con Antonio Conte?

Antonio è sempre stato un compagno disponibile, e anche un gran bel giocatore che ha vinto tanto con la Juventus. Oggi viene spesso criticato, a mio parere ingiustamente, per le sue scelte, ma lui è un professionista, e dà sempre il massimo nelle squadre che lo ingaggiano. E poi ha mantenuto un ottimo rapporto con il Salento: viene spesso qui per le vacanze e i suoi genitori vivono qui.

Con quale allenatore ha vissuto gli anni migliori? Tra Fascetti, Mazzone e Boniek c’era l’imbarazzo della scelta…

Senza ombra di dubbio Mazzone. È stato come un padre per me e per tutti e gli voglio un bene infinito. Credo abbia lasciato una grandissima impronta nella storia del Lecce e nel campionato italiano.

Come detto, nella Serie A degli anni Ottanta c’erano tanti campioni, ma anche e soprattutto tanti avversari ostici. Qualche nome?

Tra i campioni che mi hanno impressionato di più, oltre al mio amico Diego, c’erano Falcao, Zico e Van Basten, ma anche Platini era un giocatore temibilissimo. Tra gli avversari più ostici sicuramente Maldini, Ancelotti, Bergomi, Baresi, ma quello più duro che io ricordi era Vierchowod, davvero un avversario difficile da superare.

Dopo l’esperienza al Lecce, segue le orme di Totò Schillaci e parte anche lei per il Giappone, in una fase che vede tanti campioni europei lasciare il vecchio continente. Che esperienza è stata e come si spiega il fenomeno giapponese degli anni 90?

Adesso le mete predilette sono gli Stati Uniti o l’Arabia Saudita, ma prima quello del Giappone era un campionato che procurava grandi guadagni. Anche Gary Lineker nei primi anni novanta ha giocato lì. È stata un’esperienza nuova, ma credo sia stato un errore lasciare l’Europa quando ancora potevo dare qualcosa.

Parliamo adesso del Mondiale 1986 vinto con l’Argentina, dove ha segnato il gol decisivo contro l’Uruguay agli ottavi di finale. Qual è stato il rapporto con Maradona e se si ricorda qualche aneddoto che vi ha visti protagonisti.

Diego, come ho detto prima, per me è stato un grande amico. Abbiamo giocato insieme all’Argentinos Juniors ad inizio carriera, ci siamo più volte sfidati da avversari in Serie A e siamo stati anche compagni di stanza. Mi ricordo che la notte prima della finale noi tutti eravamo nervosissimi e non riuscivamo a dormire, ma lui era molto tranquillo e non sentiva affatto la pressione. Eravamo stupiti da come non gli pesasse per nulla la tensione, e soprattutto dover giocare una finale: perché giocare un Mondiale, e poi addirittura vincerlo, è l’emozione più grande per un giocatore, essendo il torneo più bello, più competitivo del mondo. È un emozione che può provare solo chi la vive in prima persona. Raccontarlo non è sufficiente!

Lei da oltre vent’anni ha intrapreso l’attività di allenatore: quali sono i valori che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi?

Io penso che per i bambini sia fondamentale divertirsi. In Italia fin da piccoli si punta al voler vincere per forza, ma bisognerebbe prima di tutto permettere che i bambini si divertano, che facciano amicizia, che imparino cos’è il rispetto. L’allenatore, soprattutto con loro, deve essere un educatore, e non deve dividere, ma includere. Ho allenato soprattutto bambini nella mia vita, e sono quelli che mi hanno regalato le emozioni più grandi.

di Lorenzo Di Lauro

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