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Gregucci ricorda Morosini: “C’è una storia che porterò sempre nel cuore” [ESCLUSIVA]

di Mario Lorenzo Passiatore

Foto di Wikimedia Commons

Pubblicato il 14/04/2022

Abbiamo sentito in esclusiva per Calcio Totale mister Angelo Gregucci. Una chiacchierata emozionante su Piermario Morosini, a dieci anni di distanza dalla sua morte. Le confidenze, gli aneddoti di una persona che amava fare del bene, nonostante il destino gli abbia presentato un conto amarissimo. “Spesso mi diceva: ‘Devo pensare a mia sorella e alla mia comunità, ma c’è un aneddoto che porterò sempre nel mio cuore”

Dieci anni dopo la sua scomparsa, il ricordo di Piermario resta ancora vivo nella mente di chi lo ha conosciuto. Rimane quel velo di malinconia ogni volta si provi a ricordare quel 14 aprile 2012: Pescara – Livorno, minuto 31. E’ quello l’ultimo frame della sua vita sportiva, accasciato in preda a una crisi cardiaca, morirà poco dopo in ospedale. Del personaggio si è parlato tanto, ci siamo confrontati con delle persone che lo hanno vissuto da vicino e la risposta è stata sempre la stessa: “Non è retorica, era davvero un uomo speciale”.

Nel 2001 perde mamma Camilla e papà Aldo nel giro di due anni. Nel 2004 il fratello disabile si toglie la vita. Resterà da solo con la sorella, anche lei disabile. Una storia devastante, una serie di tragedie che hanno travolto e sconvolto il giovane Piermario. Abbiamo fatto due chiacchiere con mister Angelo Gregucci, storico collaboratore tecnico di Roberto Mancini nell’esperienze al Manchester City, all’Inter, allo Zenit e anche nel primo periodo in Nazionale. Ha allenato Morosini a Vicenza per due anni: dal 2007 al 2009. Gregucci nel corso dell’intervista lo chiamerà sempre Mario, così come era abituato a fare nel suo trascorso sportivo.

Dieci anni dopo, il ricordo di Piermario resta sempre vivo. Il primo pensiero quando pensa a tutte quelle tragiche fatalità che lo hanno colpito.
“Ho avuto il piacere di allenarlo a Vicenza. Ha vissuto una serie di disgrazie assurde: la madre, il padre, il fratello. Spesso quando parlavo con la staff ci chiedevamo: ma Piermario quanti anni ha? Venti. Vent’anni con un trascorso del genere, nonostante tutto dispensava consigli, una persona di una maturità fuori dal normale”.

Spesso parlava con lei, aveva trovato un punto di riferimento. Essere allenatori vuol dire anche instaurare un rapporto umano con gli atleti. Ci racconta una delle sue confidenze?
“Mi diceva spesso: ‘Mister, devo pensare a mia sorella, devo pensare alla mia comunità’. Un conto è dirlo, un altro è farlo davvero. E’ uno che veniva dall’oratorio, poi dopo abbiamo scoperto che mandava le maglie per i ragazzi della parrocchia, in accordo con il sacerdote del suo paese. Faceva del bene in silenzio. Pensavi di dare un consiglio, in realtà era lui che ti stava dando qualcosa in più con l’esempio. Assorbivi dai suoi modi di fare”.

Una aneddoto che sente suo e ha il piacere di condividere con noi e con tutti i ragazzi che seguono Calcio Totale.
“Il ricordo di Mario è sempre vivo. C’è una storia che mi lega fortemente all’uomo. Attenzione, era anche un bravo giocatore: ricordo quando fu convocato con l’Italia Under 21 ed eravamo a Vicenza. Poco dopo la sua morte, mi chiamò la fidanzata di Mario con il suo migliore amico. Avevano istituito il primo premio “Piermario Morosini”, la sede era Roma”. 

Le va di raccontarci le emozioni di quella telefonata?
“Mi dissero: ‘Mister, noi non la conosciamo, non sappiamo nulla, ma per volontà di Mario vogliamo che il primo premio Morosini vada a lei. Mario ci parlava tanto del rapporto umano che avevate costruito. Non possiamo che assecondare la volontà di Mario’. Una telefonata del genere ti cambia la giornata, ti cambia il modo di vedere le cose. Ho giocato otto anni con la Lazio a Roma, una vita. Ho vissuto tante emozioni di campo, tante situazioni che ti porti dentro e ti rendono orgoglioso, ma mai una cosa del genere. C’è chi vince scudetti, Champions e Mondiali, per me quel riconoscimento resta il più bello della mia vita”.

di Mario Lorenzo Passiatore

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